Titolo: Figli delle Stelle
Anno: 2010
Regia: Lucio Pellegrini
Con:
Tragicomica e surreale vicenda di un'italia stanca e avvilita. Un' italietta talmente conscia dei propri problemi da venirne schiacciata e da non riuscire a viverne senza: moderno apologo sul disagio sociale, sull'inganno di fondo delle ideologie e sull' italianità grossolana e pressapochista. Una banda del buco come ne "I soliti ignoti" insomma. Storie al margine della società civile si intrecciano dando vita a un pout pourri di emozioni che culminano nell'azione, un'azione forte e risoluta da cui non sarà più possibile tirarsi indietro: un rapimento.
Un disoccupato cronico, un operaio di Porto Marghera e un uomo reduce dal gabbio vogliono rapire il ministro del lavoro, per chiedere un riscatto che avrebbero destinato con un gesto nobile alla ignara vedova di un operaio morto in un incidente nella prima scena del film. Il trio si rivela subito per quello che è: degli emarginati che organizzano un rapimento tanto per fare qualcosa, per ribellarsi al destino e all'ingiustizia: nella calca dell'impianto termale in cui si trova il ministro sbagliano ostaggio e rapiscono un sottosegretario che nulla aveva a che vedere con Gerardi (il ministro). Vorrebbero liberarlo, ma ormai è tardi: di sua iniziativa il padrone di casa del covo (cugino di uno dei tre) ha scritto e inviato ai quotidiani una rivendicazione altisonante e militaresca, che parla di un gruppo armato per il proletariato, organizzazione nazionale e quant'altro. Insomma, dalla padella alla brace! Memorabile la scena in cui due dei tre rapitori gli chiedono spiegazioni, seduti in macchina con i di lui bambini mentre vengono portati a scuola. Per sminuire ancora di più la credibilità di questo "proletario armato" viene mostrato un breve dialogo con un'insegnante dei bambini: una suora, perchè la scuola è Cattolica e l'ha scelta la moglie.
Il film tutto sommato è allegro e scanzonato, riesce a districarsi bene attraverso argomenti attuali e difficili da inquadrare in un contesto tanto leggero. Il precariato, l'emarginazione, i vizi del potere, un'ideologia sempre meno credibile e sempre più lontana dalla realtà. Il senso supremo e Gattopardesco di impotenza, che si concretizza con la frase finale "almeno abbiamo fatto qualcosa". Nonostante alcune inquadrature troppo pesanti (primi piani ravvicinati durante i dialoghi, volti che "impallano, inquadrature a lungo fisse) la regia mi ha soddisfatto abbastanza; devo ammettere che non mi aspettavo un film tanto gustoso e poco scontato. Pur rimanendo una commediola all'italiana, buonista e a tratti mediocre, riesce a esprimersi pienamente e con chiarezza, dando adito a una buona alternanza fra momenti "seriosi " e momenti comici, fatti di una comicità in fin dei conti fine e introspettiva alla coscienza collettiva degli italiani.
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