domenica 29 agosto 2010

Sherlock Holmes

Titolo: Sherlock Holmes
Anno: 2009
Regista: Guy Ritchie
Soggetto: Arthur Conan Doyle, Lionel Wigram 
Con:
Robert Downey Jr.: Sherlock Holmes
Jude Law: Dottor Watson
Rachel McAdams: Irene Adler
Mark Strong: Lord Blackwood
Kelly Reilly: Mary Morstan
Eddie Marsan: Isp. Lestrade
William Houston: Clark
Hans Matheson: Lord Coward
James Fox: Sir Thomas
Clive Russell: Cap. Tanner
William Hope: John Standish
Martan Kozek:Imskay
Jeanna Blow: Moria Standish


Più di una persona mi ha detto che da un film sul celebre personaggio di Sir Arthur Conan Doyle si aspettava ben altro. Holmes, investigatore della Londra Vittoriana è geniale, elegante, pacato e perspicace. Nell'immaginario collettivo un guru dal metodo di indagine insolito ma dal fare "educato": sempre posato e "polite" nei modi di fare. Fortunatamente questi giudizi, spesso negativi sulla pellicola, non hanno pregiudicato la mia visione e la mia obiettività nel formarmene un'opinione e formularne un giudizio.
Il film è ricercato ma mai snob: alcune inquadrature meritano davvero molto per la capacità del regista di cogliere luci e particolari fini, "d'autore" e renderli evidenti allo sguardo anche dei meno attenti.
Lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie è un vizioso (beve, scommette...) con una forte sindrome ossessivo-compulsiva per qualsiasi cosa lo incuriosisca, al punto da tentare su di sè e sul suo cane esperimenti dalla provata pericolosità. Splendido il passaggio in cui afferma "con la teoria musicale ho creato l'ordine dal caos" riferendosi a uno studio su piccoli insetti condotto per mezzo del suono del violino e dell'osservazione delle loro disposizioni in volo: "ci ho messo sei ore a intrappolarli a uno ad uno", confessa candidamente. Un bambino o un idiota? Questo è il senso del film: la genialità di Holmes e del suo antagonista sta proprio nel sovvertire le regole e la calma apparentemente "razionale". Holmes è geniale perchè ragiona come se ogni esperienza fosse nuova, focalizza ogni dettaglio in funzione del quadro generale. Si contrappone, con la sua stravaganza e la sua apparente sconclusionatezza, al personaggio di Watson: dottore pacato, intelligente ma molto più ordinario. In più di un tratto la coppia Holmes- Watson mi ricorda la coppia House-Wilson (Dottor House M.D.), in cui Holmes è chiaramente paragonabile a House: entrambi geniali e con chiari disturbi psicologici anche gravi.
La trama fa riferimento a un' avventura del detective (non credo sia tratta da alcuno dei romanzi di Doyle) in cui si trova a fronteggiare un massone ricco e ossessionato dall'occulto, desideroso di mettere il giogo alle istituzioni democratiche dell' Impero Britannico (il più potente al mondo in quel momento). Ma c'è molto di più: Lord Blackwood, oltre ad essere un massone egocentrico e fissato con occultismo e riti satanici è anche dannatamente furbo: cerca in ogni modo di creare panico intorno a se, creando con sottili trucchi delle vere e proprie trappole per la mente dell'ispettore, che ne verrà brillantemente a capo. Risse, spargimenti di sangue, amori, soldi e gioielli, ma anche tanto mistero e furbizia: razionalità e colpi di scena insieme a un'ottima dose di occulto tengono lo spettatore incatenato in una realtà cinematografica dinamica ma profonda. Il film mi è piaciuto per la sua freschezza e per la combinazione di azione e ragione: miscela esplosiva e a tratti anche comica. Ve lo consiglio caldamente







giovedì 19 agosto 2010

Splice

Titolo: Splice
Anno: 2009 (rilasciato in italia a partire dal 13/0/10)
Con:
Adrien Brody: Clive Nicoli
Sarah Polley: Elsa Kast
David Hewlett: William Barlow
Abigail Chu: Dren da bambina
Brandon McGibbon: Gavin Nicoli
Simona Măicănescu: Joan Chorot

Da dove iniziare? I lati positivi, anche se ne avrò per poco: la fotografia. ho notato una particolare cura per l'ambientazione in netto contrasto tra la vita professionale dei protagonisti (computer di ultima generazione, tecnologia di altissimo livello ecc. ecc.) e la loro vita personale. Il tutto si riassume nella scena in cui Elsa ritrova la propria camera di quando era bambina "come l'aveva lasciata". Belle le luci: man mano che la tensione aumenta, si passa dalla luce artificiale e asettica dei neon dei laboratori ad un' ambientazione in esterno notturna e crepuscolare. Alcuni tagli da regista Francese depresso e una recitazione di alto livello: Brody riesce ad essere quasi sempre credibile.
Tutto quello che ho scritto non giustifica assolutamente la pessima trama che sembra uscita da un b-movie di scarto. Ed. Wood probabilmente avrebbe fatto di meglio. Non c'è qualche pecca che rende la narrazione poco sinuosa o che ne limita la comprensione: non c'è omogeneità e strutturalità nel costrutto narrativo del regista.  I due scienziati protagonisti (Clive ed Elsa) lavorano ad un progetto di splicing (letteralmente unire, mescolare) del DNA di svariate creature, tra cui Elsa stessa. Un fruitore di film di fantascienza e fantagenetica si aspetterebbe la nascita di una creatura molto potente che minaccia la specie umana: come in X-Files, Leviathan, La cosa ecc. ecc. Invece il momento che dovrebbe segnare una svolta nella narrazione si fa attendere: arriverà solo verso la fine del film, quando Clive e l'ormai adulta Dren (la chimera cresce a ritmo forsennato, come Solomon Grundy) fornicheranno e gli "scienziati" piangendo si renderanno conto di aver stravolto le regole del gioco. Il film termina, dopo questa perla, con un'altra sequenza di atti osceniumanamente e cinematograficamente parlando, e non riesce proprio a evitare il clichè dell'essere semiumano straordinariamente potente e vendicativo che feconda e uccide tutto quello che trova.
Non buttate il vostro tempo con questa pellicola, priva di gusto e di slancio. Un film che peggiora con il passare del tempo e che proprio non vuol saperne di rimanere un film mediocre: con l'ultima mezzora di violenze, incesti e psicologia da quattro soldi si qualifica il per ora peggior film di questo blog.







lunedì 16 agosto 2010

The Road

Titolo: The Road
Anno: 2009
Regista: John Hillcoat
Soggetto: The Road, Cormac MaCarthy
Con:
Viggo Mortensen
Kodi Smit-McPhee
Michael K. Williams
Robert Duvall
Guy Pearce
Charlize Theron

Un film tristissimo, d'impatto e struggente. Nelle scene è insita una certa dolcezza, legata all'incertezza per il futuro della razza e all'amore incondizionato che ogni essere umano, volente o nolente, prova per il proprio "ospite" (non siamo forse noi dei parassiti per la terra?). Il film catapulta i propri personaggi in un mondo devastato da una imprecisata catastrofe. La maggior parte degli esseri umani è deceduta da anni, il cibo scarseggia e la natura è inclemente; le possibilità di sopravvivere sono effimere e ogni segno di civiltà è cancellato. In una terra in cui non si può ambire ad altro se non a morire senza essere preda di altri uomini (per lo più dediti al cannibalismo), deviati moralmente e che dell'uomo non hanno nulla se non l'aspetto esteriore.
Padre e figlio (Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee) viaggiano verso sud nella speranza di incontrare una natura più clemente, nella speranza di trovare del cibo. Lottando ogni giorno per non morire di fame e per non incontrare una fine dolorosa. Quello che rende questo film interessante è il clima della narrazione; gli eventi, le azioni faticano a spiccare le une sulle altre fino alle ultime scene; quella che potrebbe sembrare, dalla mia descrizione, una narrazione degli eventi piatta è invece un costante ed estenuante viaggio emotivo per lo spettatore. La tensione nel film è sempre tenuta al massimo livello accettabile, la paranoia del padre in contrasto con la buona fede e l'innocenza del bambino contagia lo spettatore. Confesso che questo film, splendido, mi ha gettato nello sconforto. E' una bellissima pellicola. In Italia la sua distribuzione è stata addirittura bloccata e posticipata poichè il film era ritenuto "troppo deprimente".
Una nota negativa molto influente è la bruttezza della voce del bambino nel doppiaggio italiano.

lunedì 2 agosto 2010

Un tranquillo week-end di paura

Titolo: Un tranquillo week-end di paura
Anno: 1972
Regista: John boorman
Soggetto: James Dickey
Sceneggiatura: James Dickey
Con:
Jon Voight: Ed Gentry
Burt Reynolds: Lewis Medlock
Ned Beatty: Bobby Trippe
Ronny Cox: Drew Ballinger
Seamon Glass: primo Griner
Randall Deal: secondo Griner


Quattro amici di Atlanta decidono di fare un giro sui monti Appalachi e di godersi la natura selvaggia del fiume  Cahulawassee discendendolo in canoa. Tutta la valle verrà presto sommersa a causa della costruzione di una enorme diga, è l'ultima occasione, si dicono i quattro, per godere di quel paradiso terrestre.
Lontani da tutto e da tutti vivranno qualche giorno di intensa avventura, dribblando le rapide, pescando con l'arco e suonando la chitarra davanti al falò. 
Qualcosa però va storto: Ed e Bobby si imbattono, approdati a riva per una breve caccia, in due loschi individui. Due redneck armati e psicotici, cui la natura non ha certo concesso favori. In questo frangente viene mostrata con sottile cinismo la prima scena di violenza carnale, per di più omosessuale, della storia del cinema. Queste sequenze di violenza fisica per Bobby e forte violenza psicologica per lo spettatore sono rimaste nell'immaginario collettivo e hanno colpito molto i mass-media dell'epoca.
Tragico, drammatico, psicologicamente di notevole impatto, questo film sarà destinato ad entrare nella hall of fame dei così detti film "cult". Imperdibile. Ricco di tensione e silenzio, ricco di saggezza e violenza rivela un cinema d'avventura lontano dalla semplicità e dal buonismo hollywoodiano. Una fotografia splendida, con immagini e suoni intensi fa da sfondo a una vicenda profonda e avvincente, mai scontata e terribile. La recitazione è cruciale: un ulteriore punto di forza di questo film coinvolgente. Burt Reynolds, che con il suo smanicato di pelle assomiglia molto a Jon Irenicus, nei panni dell'avventuriero insofferente e insoddisfatto dell'andamento delle cose per la civiltà umana è credibile e di spessore. Jon Voight è un uomo qualunque, buono e duttile, ma si rivela responsabile e coraggioso. Acquista credibilità dando spessore e umanità a un personaggio a cavallo tra l'uomo e il superuomo, a cavallo tra la civiltà e la natura selvaggia.
Bellissimo film, gustatevelo.